Un viaggio alla ricerca delle basi antropologiche e sociali della rete
Ci sono delle parole chiave che diventano protagoniste di un determinato periodo storico. Le utilizziamo in maniera quasi inconsapevole, in discorsi cosiddetti da esperti così come nel linguaggio comune.
Social web o web sociale è una di queste, definizione che tenta di sintetizzare in due parole lo sviluppo impetuoso degli ambienti sociali sul web, “quella parte abitata della rete dove i cittadini digitali stanno imparando a essere nodi in un sistema creativo ricco di opportunità.” (Sergio Maistriello, La parte abitata della Rete, 2007).
Il Social web come nuovo media, qualcuno ha scritto e detto, commettendo un errore di fondo: ridurre un fenomeno complesso ad una categoria di comunicazione perdendo di vista le basi antropologiche e sociali che sono alla base del web sociale.
Un errore, anche grossolano di prospettiva, se noi diamo al Media tradizionale la definizione più corretta: un mezzo che ha il compito di distribuire il messaggio del brand al target group.
E’ interessante ripescare quello che Tim Berners Lee aveva scritto progettandolo il primo Web, impressionante come la componente sociale erà già nel dna.
Per Berners Lee il Web doveva essere “the simplest way to get bits from Any A to any B”. “Supponiamo che i dati memorizzati dai computer di tutto il mondo siano connessi tra di loro… le informazioni più preziose del pianeta sarebbero a disposizione mia e di chiunque altro. Esisterebbe un unico spazio globale d’informazione.”
Lee cercava il modo migliore per mettere insieme i piccoli nodi per farne una grande rete.
La rete sociale e il social web, da Aristotele a Shirky
L’uomo è un animale sociale, affermava Aristotele nel IV secolo a.c. L’essere sociale è nella natura dell’uomo e per il filosofo greco chi sceglie la solitudine è destinato ad essere infelice. “L’essere socievoli è una delle nostre più radicate capacità, una capacità pronta a mostrarsi praticamente in ogni aspetto delle nostre vite” dirà circa 2400 anni dopo Clay Shirky (Clay Shirky, Uno per uno, tutti per tutti, 2008).
Una caratteristica innata dell’uomo, l’essere sociale, già nota nell’antica Grecia, che viene ripresa da uno studioso, osservatore delle reti sociali come Shirky, per spiegare come internet stia radicalmente cambiando le relazioni tra gli individui.
Una caratteristica che sta alla base del modo in cui gli uomini organizzano il proprio corpo sociale: da Aristotele che considerava chi era fuori dalla polis o un Dio o un pazzo a Shirky che sottolinea come la complessità dell’organizzazione e lo sviluppo di molteplici abilità siano possibili proprio grazie allo stare in gruppo e alla creazione di reti sociali.
Dunque tutto parte da “O antropos esti un zoon politicon”. E anche la rete abitata inizia a prendere forma: l’ambiente sociale in Rete, la formazione di gruppi, lo scambio quotidiano di pensieri, emozioni, esperienze di vita. Un fenomeno che coinvolge centinaia di milioni di persone in tutto il pianeta e che sta modificando per sempre la modalità con cui gli individui interagiscono e si relazionano.
Quando la comunicazione cambia la società cambia
Il social web ha profondamente modificato le modalità di interazione tra le persone e “quando cambiamo il modo in cui comunichiamo cambiamo la società” (Clay Shirky, Uno per uno, tutti per tutti, 2008).
Nel 1500 l’invenzione della stampa a caratteri mobili ha rivoluzionato l’economia, la cultura e la società del tempo, oggi internet sta rivoluzionando il modo di produrre cultura, le strutture sociali e organizzative e il sistema economico.
Stiamo lentamente passando da una generazione che, cresciuta a pane e televisione, considera quest’ultima come il centro unidirezionale e autorevole delle informazioni (parliamo in particolare degli over 50), ad una generazione cresciuta a pane e web, che sta sperimentando un nuovo modello sociale dei media. Non più una comunicazione pochi a molti – i pochi che parlano attraverso lo schermo TV – , ma molti a molti – i tanti che dicono la loro attraverso una nuova tecnologia sociale di comunicazione.
Gli strumenti che nascono da questo cambiamento epocale, ribattezzati con nomi diversi – social media, social network – hanno delle caratteristiche native che permettono il ribaltamento dell’organizzazione sociale dell’informazione.
Sei gradi di separazione
Non tutti sanno che il primo social network, ovvero il primo servizio online che consentiva di creare un profilo personale con cui abitare uno spazio virtuale e comunicare con la propria rete, risale al 1997. Si chiamava Sixdegrees.com e si ispirava alla teoria del piccolo mondo di Stanley Milgram: viviamo in un mondo piccolo, dove il numero minimo di intermediari necessari per collegare due sconosciuti qualsiasi attraverso persone di loro conoscenza è circa sei. Vale a dire che, più in generale, la società è una rete di sei miliardi di nodi in cui la distanza media tra un nodo e l’altro non supera una manciata di link.
Riflettiamo sull’esperimento di Milgram che riesce a mettere in contatto due sconosciuti con meno di sei passaggi di persone e proviamo a pensare come attraverso i social network sia possibile abbattere questi passaggi: cerchi qualcuno ? Se è presente nel social web il passaggio è uno-a-uno, link to link.
Viene da chiedersi: “come fanno le reti ad assestarsi ognuna su un percorso così breve nonostante siano formate da miliardi di nodi? La risposta è nella loro natura altamente interconnessa […] In pochi passaggi si potranno raggiungere tutti i nodi esistenti.” (Albert Laszlo Barabasi, Link, la scienza delle reti, 2004).
La teoria delle reti e il grapho sociale
Dunque siamo tutti connessi, ma non è stato il web, o la tecnologia sociale a determinare questa connessione: lo sviluppo delle reti digitali e del social web ha semplicemente dato una fortissima accelerazione al modo naturale con cui gli uomini creano ed organizzano la loro rete di conoscenze.
Possiamo paragonare la nostra rete di conoscenze ad un grafo: un gruppo di nodi connessi da un link.
In verità i graphi sociali, che sono diventati “famosi” nella letteratura del social web, sono una branca precisa della teoria dei grafi inaugurata dal matematico Eulero nel 1736. Questa teoria ci permette di descrivere come tutti siamo in potenza legati e come il web sociale poggi la sua potenziale infinita crescita su questo modello. Se la rete cresce in modo tale che ogni nodo abbia almeno un link “succederà un miracolo, emergerà un unico cluster gigante. I nodi diventeranno tutti parte di un unico insieme dove, spostandosi lungo i link, si potrà sempre passare da un nodo all’altro.” (Albert Laszlo Barabasi, Link, la scienza delle reti, 2004).
In altre parole: tutti siamo connessi con tutti, la rete siamo noi, il web siamo noi, il social web siamo noi, nodi lungo la rete di link, tutti in potenziale [e reale] contatto.
I nodi sono oggi le persone che, nella rete abitata, possono scegliere di connettersi con altri nodi, creando un gigantesco mondo connesso.
Una sfida per il futuro
La rete abitata, un termine prezioso, che non va mai perso di vista: un luogo abitato da persone che comunicano, condividono emozioni ed esperienze. Nel farlo utilizzano delle regole, e ne generano delle altre. Perché questa è uno degli aspetti più interessanti del web sociale, che come tutte le tecnologie di comunicazione, plasma le persone che lo usano, impone le sue regole, ne genera di moltissime. Regole non scritte che vanno capite ed imparate. Comprendere questo mondo, quali regole attiva, come utilizzarlo, come può essere utile a noi in quanto individui, alle aziende come soggetti economici, alle istituzioni come agenti sociali è la sfida per tutti gli attori in gioco. E tanto più i nativi digitali diventeranno soggetti attivi di consumo e di cittadinanza tanto più questo scenario che descriviamo diventerà la norma, l’orizzonte mentale e operativo di ognuno di noi.